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L’opera e la vivace personalità di Henryk Tomaszewski (1914-2005) suscitarono un generale interesse a partire dagli anni Cinquanta, quando l’artista approdò in Europa per raggiungere in breve tempo l’olimpo internazionale.
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Stalin non amava il jazz. Nemmeno nella collezione privata del dittatore c’era posto per questa forma d’arte borghese e decadente, “la musica dei grassi”, come recitava il titolo del durissimo articolo apparso sulla “Pravda” con cui Maksim Gor’kij aveva contribuito a lanciare nel 1928 una violenta campagna contro questa musica, sotto la supervisione di Lunačarski, commissario del popolo all’educazione.
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Tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che possiamo vedere, toccare, tutto ciò che possiamo udire e tutto ciò che possiamo capire – è realtà. La nostra vita è la realtà. Oltre alla necessità di viverla, sentiamo la necessità di comprendere la vita, vogliamo sapere perché viviamo. Di questo si occupa l’arte.
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Una delle frasi più celebri di Andrzej Wajda, che compare non a caso anche nel suo manuale di regia La doppia visione, è “Il buon Dio ha donato al regista due occhi perché possa guardare nella macchina da presa con il primo, ed osservare quello che succede intorno a lui con il secondo”.
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L’idea di questo articolo nasce dalle lettere inviate a Andrzej Wajda, e conservate nell’Archivio del regista, attraverso le quali i mittenti gli sottopongono sceneggiature o suggeriscono temi e problemi per la produzione cinematografica.
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